Le misure per il contrasto alla diffusione del Coronavirus hanno toccato e rivoluzionato tutti i settori. Certo, alcuni sono stati coinvolti più pesantemente, altri meno: si va dal blocco quasi totale del turismo e della ristorazione fino alle misure importanti - ma decisamente meno frenanti in termini di continuità lavorativa - della grande distribuzione organizzata.
La novità più grande è stata il ricorso allo Smart Working per moltissime aziende, si parla addirittura di un passaggio in poco più di due mesi in Italia dal 3% al 34% di lavoratori in modalità remota. Se lo Smart Working era fino a poco tempo fa un’esclusiva di qualche azienda illuminata e lungimirante, talvolta persino tacciata di eccentricità, oggi in tempi di distanziamento sociale l’imperativo è chiaro: chi può lavorare da casa, lo faccia.
Ed è sotto gli occhi di tutti che il lavoro da casa abbia i suoi pro e i suoi contro: se da una parte permette di risparmiarsi la strada verso l’ufficio e i pasti fuori casa, dall’altra pone delle sfide da non sottovalutare come la convivenza con i figli in DaD e la lontananza dai colleghi.
In questo articolo vogliamo puntare il dito su 3 problemi che affliggono un dipendente in Smart Working: dopo averli analizzati, cercheremo di indicare alcune soluzioni che ci vengono in aiuto dalla tecnologia.
“Restate a casa”. Come dimenticare le parole pronunciate dall’ex premier Conte.
Oggi le misure adottate non sembrano essere così stringenti rispetto al primo lockdown, ma la sostanza non cambia se sei un lavoratore in full Smart Working. Non metti piede in azienda da giorni, settimane, forse mesi. Ricordi le facce dei tuoi colleghi solo grazie alle loro foto profilo su Skype. A parte ciò di cui si occupa il tuo team, non hai idea di come stiano andando le cose in termini di nuovi progetti o nuovi colleghi.
La sola presenza in ufficio spesso è sufficiente a sentirsi parte di qualcosa. Passare invece ogni giorno davanti a uno schermo non fa che aumentare il rischio di sentirsi isolati e abbandonati.
Il concetto di “Employee engagement” è fondamentale per comprendere la natura del rapporto tra un’azienda e i suoi dipendenti.
Un dipendente coinvolto è un dipendente completamente assorbito ed entusiasta del proprio lavoro, che intraprende azioni positive per promuovere la reputazione e gli interessi dell’organizzazione. Al contrario, un dipendente è poco coinvolto quando si attiene al minimo indispensabile nel suo lavoro o addirittura danneggia la produzione e la reputazione aziendale.
Nel lavoro da remoto il distacco con l’azienda può essere tale per cui il dipendente non sente più così forte l’attaccamento aziendale, anche in virtù del fatto che le proprie azioni positive non possono più essere promosse e attuate.
L’ambiente di lavoro incide tantissimo sulla produttività. La creatività e gli stimoli passano spesso dal confronto con i colleghi, ma non solo nelle riunioni: pensa a quante idee ti sono venute in mente alla macchinetta del caffè!
Lavorando da remoto, non hai modo di vedere i tuoi colleghi se non in videochiamata (se la rete wifi domestica la regge) e quasi sempre per lavoro. Le tue pause (se riesci a staccarti dal PC) non ti permettono comunque di conoscere cosa stiano combinando i tuoi compagni di lavoro nella vita né se ci siano nuovi assunti in arrivo.
Come avrai ben capito, il lavoro da remoto avrà molti vantaggi sul piano economico, ma porta con sé molti problemi sul fronte sociale.
I team HR di tutte le aziende si stanno interrogando su quali strategie adottare per mantenere una Employer Branding ai massimi livelli. Ecco alcuni spunti interessanti per tenere alto il morale dei propri dipendenti in Smart Working.
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