A talk with Ivano Canteri – Quintetto Digitale
Buongiorno Ivano, quali sono le principali innovazioni che il Digital Signage sta portando nel mondo del Retail?
Premesso che il mercato italiano ha sempre sfruttato poco le potenzialità di sistemi evoluti di comunicazione interattiva con l’utente, al contrario da diversi mercati esteri dove il digital signage rappresenta un segmento di mercato ben consolidato e maturo, le più recenti integrazioni tecnologiche, a partire dall’intelligenza artificiale, stanno ulteriormente potenziando uno strumento di grande impatto sull’esperienza di acquisto.
Il digital signage, nella sua accezione più ampia, consente, ad esempio, di gestire il pricing sul punto vendita in maniera dinamica, modificando l’offerta in base alle disponibilità di stock, alla data di scadenza di un prodotto, costruendo promozioni istantanee della durata di pochi minuti o quanto vuoi, occasionali distribuite e ripetute nel tempo. E questo è solo un esempio. Ciò che cambia rispetto alla tradizionale relazione ingresso-individuazione-acquisizione-acquisto, è la possibilità di farla uscire da una realtà sostanzialmente statica, spostandosi molto di più sul fronte “push”.
Ben lungi dall’essere semplici poster elettronici, le stazioni di digital signage possono interloquire con i sistemi di CRM, il magazzino, le strutture di pre-ordine e approvvigionamento, ottimizzando il turnover ma anche offrire all’utente la possibilità di interrogarle rispetto alla disponibilità o reperibilità di un prodotto, alla partecipazione ad un evento promozionale, alla prenotazione di un servizio finanche ad attivare una chiamata con un operatore reale o virtuale in tempo reale per avere informazioni o attivare procedure e processi. E non pensiamo solo a pere e mele: un caso recente è l’avvio di un progetto di creazione di un network di stazioni per l’avvio di pratiche di finanziamento presso un primario brand automobilistico europeo.
Con quali tecnologie si può integrare il Digital Signage per migliorare la Customer Experience?
Certamente, in questo caso stiamo parlando di digital signage evoluto, quale il nostro Qsignage 4.0. Considera che, sul mercato di trovano diverse soluzioni anche piuttosto diffuse e di marchi prestigiosi, che sono poco più che pubblicatori di poster statici su stazioni digitali: non sono pochi gli operatori che sono rimasti “bruciati”, allettati da prezzi stracciati, dalla impossibilità poi, di fare altro che pubblicare qualche foto e qualche filmato ed avere mille difficoltà a gestire la rete o monitorarla.
Non stiamo parlando di televisori. Dico questo perché non si abbia l’impressione che tutto ciò che va sotto il nome di digital signage abbia le stesse caratteristiche e possibilità. Cominciamo con quello che è un aspetto cruciale per la costruzione dell’esperienza attraverso i contenuti: cosa posso pubblicare e da che fonti?
Anzitutto devo poter pubblicare direttamente contenuti che genero in autonomia così come provenienti da fonti esterne quindi, video, audio, grafiche, marchi, testo, animazioni, RSS feeds, bollettini, newscast, coordinate geografiche e spaziali, immagini e filmati in real time ed ogni tipo di dato, in qualsiasi formato.
La comunicazione è oggigiorno ubiqua, mobile, complessa, composita e l’utente è abituato a interrogare e ricevere risposte rapidamente e in maniera pertinente: una esperienza retail contemporanea, non può prescinderne; come si fa a pensare di usare ancora i vecchi e buoni manifesti? Ottimi per il vintage ma francamente, non me li vedo più nel punto vendita del 2022.
La varietà delle forme di contenuto pubblicabili non sono però ancora tutto se non sono in grado di renderli disponibili su una varietà di “terminali”, quindi, non solo monitor ma tutti i tipi di display PC, LCD, vidiwall, pannelli LCD, pannelli Led e praticamente qualsiasi tipo di display immaginabile. Inoltre, lo stesso contenuto deve poter essere reso disponibile simultaneamente su tutti questi dispositivi, perché l’offerta del giorno la devo poter pubblicare sul monitor nei miei venti punti vendita, sugli smartphone dei miei clienti vip, in aeroporto e, perché no, in sei metri per tre in Piazza Duomo.
Se poi voglio ragionare in ulteriore prospettiva, il mio digital signage deve potersi integrare con contenuti olografici, elaborazione del linguaggio naturale (comunicazione uomo-macchina a due vie), e quasi tutte le soluzioni correlate a IoT e devices di ogni tipo, di ultima e prossima generazione. Ah! Dimenticavo: e tutto questo devo poterlo fare (lato esercente), nel modo più semplice possibile, senza aver bisogno di una laurea in ingegneria. Quindi, user interface ma anche operator interface…
Come il Digital Signage può supportare le strategie di Marketing e Conversione di un retailer?
Direi che da quanto abbiamo visto sopra, le ricadute dovrebbero essere abbastanza evidenti. Un sistema evoluto di digital signage consente di rispondere a obiettivi diversi a seconda delle necessità e delle strategie, senza andare in questa sede a scomodare tutto quanto sappiamo sull’importanza di costruire esperienze anche emotive, percorsi narrativi articolati, immersività e naturalità della relazione. Anzitutto considererei che abbiamo una ricaduta oggettiva sui due rami del valore: tangibile e intangibile.
Facciamo qualche esempio. Abbiamo già visto come, adottando un approccio di pricing dinamico, posso ottimizzare i flussi di magazzino e approvvigionamento e consentendo quindi da un lato, economie operative, dall’altro un incremento del valore cliente sia sotto il profilo del valore di acquisto che sotto quello della frequenza. Quindi: “save on costs whilst generating revenues”.
Su un piano più strettamente funzionale, la possibilità di stabilire una interazione con l’utente, sia volontaria che mediata, tramite smartphone, RFID, NFC, QR, permette l’acquisizione di dati importanti per il marketer, stabilire serie storiche, rilevare le performance di un reparto, un lineare, una tipologia di prodotto, finanche il tipo di confezione, misurando i livelli di gradimento e stabilendo correlazioni dirette tra campagne e loro rendimento: un digital signage evoluto contiene tutti gli strumenti necessari a costruire una reportistica articolata e altamente affidabile perché direttamente correlata al comportamento reale dell’utente/cliente “in the field”.
Quando poi ci spostiamo sul fronte della fruizione, abbinando l’informazione commerciale a quella di servizio, aumentiamo significativamente i livelli di soddisfazione dell’utente grazie all’arricchimento dell’esperienza individuale e alla percezione di una migliore intesa con il punto vendita di servizio stesso, quindi, in definitiva, con la marca, incrementando il valore di marchio vissuto.
Che impatto hanno le nuove tecnologie come l'olografia digitale sulla Phygital Experience?
La questione ha due facce: l’esperienza e l’operatività. Non possiamo scindere la componente emotiva da quella funzionale: contribuiscono entrambe, congiuntamente, a costruire il vissuto di marca/marchio e, in definitiva, a costruire la relazione e la fidelizzazione. L’una senza l’altra fanno poca strada. Tu citi l’olografia: questo è un esempio classico.
Da anni esistono soluzioni olografiche per rappresentare il reale eppure, non riescono ad andare al di là di un uso emozionale ma superficiale. Questo perché ci si scorda la componente funzionale. Dopo che ho visto un bell’ologramma ad esempio in Stazione Centrale, se questo non mi porta a poter fare qualcosa in maniera diversa o più efficiente di quanto non abbia fatto fino ad ora, rimane un gimmick, un giochetto magari anche costoso, altamente impattante sul momento ma di vita cortissima.
Non dimentichiamoci che il consumatore contemporaneo è sì alla ricerca di storie e narrazioni (quindi, emozioni) ma è anche un consumatore/utente evoluto, che conosce, sa, si informa, si abitua a stabilire relazioni profonde con il marchio e il prodotto o servizio. Quindi, perché certe tecnologie (permettimi, l’olografia, in senso stretto, non si può esattamente definire come tale; anche nelle sue diverse possibilità rimane un effetto ottico), possano entrare a pieno titolo negli strumenti che non solo contribuiscono ma addirittura costruiscono la Phygital Experience vera e propria, devono abbinare emozione e funzione.
Questo è il motivo perché, quando abbiamo affrontato l’olografia (la nostra Qroom, peraltro brevettata insieme al CNR), l’abbiamo fatto a partire da un’esigenza specifica: permettere ad un utente di avere accesso a servizi e transazioni da remoto, indipendentemente dalla distanza, dialogando in tempo reale e compiendo operazioni e transazioni come da un normale sportello, con un operatore vero e proprio, che ti assiste e ti parla e assiste tramite la sua rappresentazione olografica.
Quindi abbiamo messo insieme impatto esperienziale emotivo con la funzione operativa reale. Immaginati una rete di diecine di sportelli di servizio, ad esempio bancari, distribuiti su un territorio grande quanto ti pare, che si attivano solo quando l’utente entra, stabilendo una chiamata con un operatore che sta da un’altra parte, e i due si parlano, si vedono, fanno cose come se fossero tutti e due fisicamente nello stesso luogo: qui, l’olografia serve a umanizzare l’esperienza, a portare il digitale nella quotidianità, a renderlo “utile”.
Se mi permetti, chiudo, ricordando che George Lucas, il padre di Guerre Stellari, in una intervista si Wired! disse che il più grande successo la computer graphic cinematografica l’avrebbe ottenuto quando nessuno si sarebbe accorto che veniva usata….guarda dove siamo ora! Lucas, aveva capito tutto fin dall’inizio.
Cosa significa fare innovazione per Quintetto Digitale?
Perseguire ed anticipare. Ovvero, cercare di intercettare i bisogni quando si manifestano ed anticiparne la traduzione in una dimensione pratica, quotidiana, operativa. Mi permetto poi di dire che il nostro DNA softwaristico è quello che ci permette di procedere in questo modo. Fammi tornare al digital signage per un attimo: una parte consistente dei fornitori sul mercato nasce come produttrice di hardware, di monitor e correlati; questo ha fatto in modo che abbiano approcciato il mondo del digital signage quando si sono resi conto correttamente che c’era un segmento di mercato da sfruttare buttando dentro ai loro televisori delle funzioni nuove. Correttissimo, ma ciò non toglie che: 1) il tuo business è vendere televisori 2) il tuo approccio parte dallo strumento e non dalla sua funzionalità.
Chapeau per averci pensato ma rimani un venditore di hardware. Per Quintetto, ragionare in termini di software significa invece, avere tra le mani una cassettina di mattoncini, comunque di elementi base che, costruiti e montati di volta in volta in maniera diversa, permettono di affrontare qualsiasi (diciamo moltissimi) problema trovando la soluzione giusta (non adatta ma giusta), partendo dal problema dell’utente e non da quello del produttore.
Per circoscrivere poi maggiormente il nostro campo di lavoro primario, il nostro campo di riferimento è quello della comunicazione, anzi, più precisamente, quello dello sviluppo di soluzioni e sistemi che contribuiscano a naturalizzare il rapporto tra le persone e la tecnologia: la chiave del rapporto tra umani e macchine sta proprio nel modo in cui riesci a costruire degli strumenti di comunicazione tra i due, laddove è però l’essere umano a dover dettare le regole attraverso gli strumenti che gli sono propri, i sensi.
Può sembrare mille miglia lontano da quello che ti ho raccontato finora ma immagina che, sulla base degli stessi strumenti e competenze più una bella escursione nel Natural Language Processing, abbiamo realizzato un sistema di programmazione vocale di un robot di produzione che ti permette di dialogare, si, dialogare, con il robot, al punto che, se è impegnato su un altro compito operativo, ti risponde che è occupato e che ti richiamerà più tardi.
Posso dirlo? Lo trovo più simpatico di tante varie chatbot “generaliste”.
Grazie ancora!