Design Thinking e ROI: come trasformare la UX in risultati concreti
Il design thinking è diventato una delle metodologie più citate quando si parla di innovazione. Tuttavia, nonostante la sua diffusione, molte aziende faticano a rispondere a una domanda: quanto rende davvero?
Misurare il ROI del design thinking è la chiave per dimostrare che investire in ricerca utente, prototipi e co-design produce ritorni concreti in termini di fatturato, efficienza e customer satisfaction. In altre parole, è ciò che consente di trasformare un approccio percepito come “creativo” in una leva strategica di business.
Design Thinking ROI: benchmark e dati a supporto
Diversi studi hanno fornito evidenze interessanti:
- Forrester Total Economic Impact™: documenta ROI superiori al 200% su programmi strutturati di design thinking.
- IBM: ha misurato un ritorno superiore al 300% e tempi di rilascio prodotti fino al doppio più rapidi.
- Baymard Institute: un checkout ottimizzato può ridurre gli abbandoni del carrello fino al 35%, con un impatto diretto sulle vendite.
- McKinsey Design Index (MDI): le aziende che investono seriamente in design superano i competitor fino al 32% in termini di crescita di ricavi.
Questi benchmark sono preziosi perché mostrano che il valore del design non è solo percepito, ma misurabile.
Metriche del design thinking: cosa misurare per valutare l’impatto
Per parlare di ROI del design thinking non basta dire genericamente che “i clienti sono più soddisfatti” o che “il team lavora meglio”. Bisogna stabilire con precisione che cosa misurare. Non tutte le metriche hanno lo stesso peso e non tutte sono altrettanto comprensibili per gli stakeholder.
Possiamo distinguere tre grandi categorie:
- Outcome metrics
Queste metriche misurano l’impatto finale delle iniziative sul business. Sono tipicamente allineate a fatturato, retention e crescita, e sono di interesse dei top manager perché riflettono la performance finanziaria e strategica dell’azienda. Esempi concreti includono aumento del fatturato, customer retention, espansione della quota di mercato o incremento del Customer Lifetime Value (CLTV). - Output metrics
Misurano i risultati immediati legati alle attività di design e all’esperienza degli utenti. Si dividono in tre categorie principali:
- Experience Driver Metrics: misurano elementi fondamentali come l’engagement e la percezione del brand.
- Experience Performance Metrics: misurano la qualità dell’intera user journey con indicatori come task success rate, Net Promoter Score (NPS) o Customer Effort Score (CES).
- Experience Touchpoint Metrics: misurano punti specifici di interazione, come click-through rate su CTA, tassi di errore su funzionalità o conversion rate in momenti decisionali.
- Experience Driver Metrics: misurano elementi fondamentali come l’engagement e la percezione del brand.
- Input metrics
Tracciano le risorse, il tempo e lo sforzo investiti nel processo di design. Si distinguono in:
- Input Metrics Quantitative: tempo dei cicli di design, numero di iterazioni, utilizzo delle risorse, riuso dei componenti del Design System.
- Input Metrics Qualitative: qualità del lavoro di design, soddisfazione del team, qualità degli insight della ricerca, efficienza della collaborazione cross-funzionale.
- Input Metrics Quantitative: tempo dei cicli di design, numero di iterazioni, utilizzo delle risorse, riuso dei componenti del Design System.
Allineando Input → Output → Outcome, le aziende possono costruire una linea chiara tra gli sforzi operativi, la qualità dell’esperienza e il successo strategico, rendendo il ROI del design thinking misurabile.

KPI del design thinking: esempi concreti da monitorare
Tra le tante metriche possibili, alcuni KPI (Key Performance Indicators) si distinguono perché hanno un impatto diretto e quantificabile sul business. Sono quelli che permettono di dimostrare in maniera chiara il valore del design thinking agli stakeholder.
- Conversion Rate (tasso di conversione)
È probabilmente il KPI più immediato: misura la percentuale di utenti che compiono un’azione desiderata (acquisto, iscrizione, download).
Anche un piccolo miglioramento fa la differenza: in un e-commerce che fattura 10 milioni di euro l’anno, un aumento dell’1% del conversion rate può generare oltre 100.000 euro di ricavi aggiuntivi. - Time to Market
Ridurre i tempi di rilascio di un prodotto o servizio significa cogliere opportunità prima dei concorrenti e diminuire il rischio che l’idea perda rilevanza. - Customer Lifetime Value (CLTV)
Misura il valore complessivo che un cliente genera nel tempo. Migliorare la customer experience con un approccio centrato sull’utente significa aumentare la fedeltà, ridurre l’abbandono del carrello e incrementare la spesa media. - Net Promoter Score (NPS)
È un indicatore della propensione dei clienti a raccomandare il brand. Non misura solo la soddisfazione dell’utente, ma è anche un predittore della crescita organica: un incremento significativo del passaparola positivo permette di acquisire nuovi clienti senza costi di marketing aggiuntivi. - Customer Effort Score (CES)
Indica quanto sia facile per un cliente interagire con il prodotto o il servizio. Più l’esperienza è fluida, meno risorse vengono assorbite dal customer care e più cresce la soddisfazione.
Come calcolare il ROI del design thinking: un framework operativo
Il calcolo del ROI può sembrare complesso, ma seguendo un framework chiaro diventa gestibile. I passaggi sono:
- Definire l’obiettivo di business
Il primo passo è stabilire un traguardo chiaro. Può essere ridurre l’abbandono del carrello del 15%, aumentare il tasso di conversione del 10% o diminuire le chiamate al customer care. - Stabilire la baseline
Qui si tratta di raccogliere i dati di partenza sul contesto attuale: quanti utenti abbandonano il carrello, quanto dura in media un checkout, quanti errori vengono commessi, quanti ticket di supporto arrivano ogni mese. È la fotografia iniziale, il punto zero da cui partire per confrontare i risultati futuri. - Identificare le metriche UX rilevanti
Questo step non riguarda la scelta di quali indicatori seguire durante e dopo il progetto. Non tutte le metriche sono utili in ogni caso: in un e-commerce può avere senso concentrarsi sul tasso di completamento e sul tempo medio per transazione; in un’app di servizi, invece, su errori commessi e facilità di navigazione. L’obiettivo è individuare i dati che più fedelmente riflettono l’esperienza dell’utente e che possono essere messi in relazione con i KPI economici. - Collegare le metriche ai KPI economici
Una volta identificate le metriche UX più rilevanti, bisogna tradurre ogni miglioramento in termini economici. Per esempio, se il tempo medio di completamento di un checkout si riduce del 20%, ciò può tradursi in un aumento delle vendite. Se gli errori diminuiscono, si riducono anche i costi di supporto. - Quantificare i benefici economici
Le variazioni percentuali vanno trasformate in valori monetari. Un +5% nelle conversioni, applicato ai volumi reali di vendita, può significare centinaia di migliaia di euro in più. - Calcolare ROI e scenari
Infine, si calcola il ROI vero e proprio confrontando costi e benefici. È utile valutare diversi scenari: conservativo, realistico e ottimistico, per mostrare l’intervallo di possibili risultati e gestire eventuali incertezze.
La formula è semplice:
ROI = (Benefici - Costi) / Costi × 100
L’aspetto più importante sta nella capacità di costruire una catena logica chiara: dal problema vissuto dall’utente, al miglioramento dell’esperienza, fino al beneficio economico per l’azienda.

Strumenti e metodi per misurare il ROI
Per arrivare a dati solidi servono strumenti adeguati:
- Analytics
Le piattaforme di analytics permettono di monitorare i funnel di conversione, individuare i punti di drop-off e calcolare i tassi di completamento. Questi dati quantitativi mostrano chiaramente dove l’esperienza utente funziona e dove invece occorrono interventi. - A/B testing
Con l’A/B testing si confrontano due o più varianti di una pagina, di un flusso o di un prototipo per isolare l’impatto delle modifiche. Questo metodo consente di prendere decisioni basate su dati reali, evitando giudizi soggettivi. - Survey NPS e CES
Le survey, come il Net Promoter Score (NPS) o il Customer Effort Score (CES), raccolgono feedback diretti dai clienti. Misurare la soddisfazione e la facilità d’uso permette di capire quanto l’esperienza influisce sulla fidelizzazione e sul valore del cliente nel tempo. - Heatmap e session recording
Questi strumenti mostrano i comportamenti reali degli utenti: dove cliccano, dove scorrono, dove si fermano. Consentono di identificare ostacoli e punti critici nell’interazione, fornendo indicazioni preziose per ottimizzare il design.
La best practice è combinare dati quantitativi e qualitativi. I numeri spiegano cosa accade, mentre interviste e test con gli utenti aiutano a capire perché accade, consentendo così di prendere decisioni informate.
In Softec accompagniamo le aziende in questo percorso: dall’adozione del design thinking fino alla misurazione del ROI, aiutandole a tradurre una customer experience migliore in risultati di business concreti.